Due le citazioni in epigrafe, tratte da Clarice Lispector e Cesare Pavese, giganti della letteratura a cui l'autrice sembra ispirarsi. Pavese perché conterraneo. Lispector perché brasiliana (Cai vive e lavora lì da qualche anno). Lispector, inoltre, ha una prosa vulcanica e Cai tenta di imitarla. 'Centomilioni' è un romanzo introspettivo. Le parole sconfinano, colano addosso, danno forma alla disperazione della protagonista, la povera Teresa. Una quasi cinquantenne sola e depressa, che fuma peggio di una ciminiera. Una zitellona, si definisce lei. Vive in un piccolo centro di provincia e abita con i genitori. E' succube di una madre impicciona e prepotente. Teresa insegna inglese in una scuola privata. Il padre è malato oppure finge, così s'intuisce fra le righe. La scrittura di Cai è una lama che affonda nei pensieri dei personaggi, tagliente come il coltello dell'incipit impugnato dal macellaio Eldo, dove si servono Teresa e sua madre, sempre indaffarata tra spesa e fornelli.
Teresa, detta la Tére, è insoddisfatta, insicura. Non si ritiene degna di cose belle. Reprime le gioie, si crogiola nel dolore. Ne è convinta: è nata per soffrire. Si innamora platonicamente di uno studente, Alessandro. Un ragazzaccio bello e sbandato. Alessandro è opportunista e cattivo e pensa solo al denaro. Teresa non se la passa male, in quanto a denaro. E' figlia della piccola borghesia che ha risparmiato tutta una vita, memore della filosofia del tenere i soldi sotto al materasso. Alessandro sa di avere un forte ascendente su di lei: spietato, le fa due moine e appena volta i tacchi l'apostrofa con nomi indicibili. Teresa sogna di stringerlo e baciarlo, affida questi desideri a un diario segreto che compila ogni giorno, con adolescenziale premura.
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