Recensione: "Rosso Istanbul" di Ferzan Ozpetek - Amore e nostalgia

Ferzan Ozpetek

Ferzan Ozpetek (Istanbul, 1959) è regista, sceneggiatore e scrittore. Da "Rosso Istanbul" (Mondadori, 2013) è stato tratto il film omonimo del 2017. Nel 2003 ha vinto il David di Donatello per "La finestra di fronte", interpretato da Giovanna Mezzogiorno e Raoul Bova. 

"Impara dai fiori 
a essere paziente"

Un centinaio di pagine. "Rosso Istanbul" è una lettura poco impegnativa (ideale in aereo, in treno) tuttavia non banale: perché dà modo di riflettere sulle conseguenze dell'amore e la necessità di assecondare, senza troppi patemi, i richiami del cuore. Contiene (e non poteva essere altrimenti) citazioni cinematografiche (Quando volano le cicogne, Lawrence d'Arabia, La figlia di Ryan, sono alcuni dei titoli menzionati) e letterarie (i bei versi dei poeti Hikmet e Can Yücel). Questo breve romanzo si può considerare, inoltre, un'ode a Istanbul e al contempo una piccola guida della città; insomma: una sorta di prontuario per viaggiatori. Come definire la storia? Nostalgica, romantica, surreale. Arrivati in fondo resta un sentimento di pace, la voglia di osare: di costruire una vita fuori dagli schermi, onorando l'unicità presente in ognuno (di noi). 

"Ho imparato che ci sono 
amori impossibili, 
amori incompiuti, 
amori che potevano essere e non sono stati. 
Ho imparato che è meglio 
una scia bruciante, 
anche se lascia una cicatrice: 
meglio l'incendio che un cuore d'inverno". 
("Rosso Istanbul")

Desiderio di trasformazione. Come il personaggio di Anna, turista che, fulmine a ciel sereno, corre via dall'albergo, in camicia da notte, passeggia senza meta, nottetempo, fino a quando non viene risucchiata in un'avventura misteriosa e onirica: un'avventura rossa simile alla passione che la sradicherà fuori dai confini di un'esistenza piatta. Il rosso del titolo è il colore che Ozpetek associa alla città: rossi sono i tramonti, rossi i carretti dei venditori ambulanti di ciambelle, rossi i vecchi tram, rossi i piattini da tè, serviti un tempo nei caffè. L'altro protagonista - nonché alter ego dell'autore-, è un regista che vive a Roma. Nell'incipit è in aereo. Sta per atterrare a Istanbul, luogo della sua infanzia, la patria degli affetti. Lì vive ancora la madre. Sta facendo ritorno per vendere la casa di famiglia. L'occasione gli farà ritrovare i sapori di quando era bambino, i dolci che mangiava, il profumo del glicine, i volti degli amori giovanili. Il nòstos di quest'uomo è anche, però, incontro col dolore a causa della perdita di alcune persone care. 

"Ma forse è arrivato il momento di strapparsi di dosso 
la sua vita come un vecchio vestito, 
e ricominciare daccapo". 
("Rosso Istanbul")

"Rosso Istanbul" esorta a varcare confini inesplorati, a raggiungere un metaforico sud, magico e accogliente; ricorda il sud meta di speranza evocato nel romanzo "La strada" di McCarthy. Un sud che è rifugio di quiete e straordinarie emozioni.  

©micolgraziano


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