"La strada", recensione del romanzo di Cormac McCarthy

 

Cormac McCarthy

Cormac McCarthy (1933) è uno dei maggiori scrittori statunitensi. Tra le sue opere: “Meridiano di sangue” (1985) e “Non è un paese per vecchi” (2005). “La strada” (pubblicato in Italia da Einaudi) è stato accolto bene dalla critica e, nel 2007, ha vinto il Premio Pulitzer. Dal romanzo è stato tratto il film "The Road" (2009) interpretato da Viggo Mortensen e Charlize Theron. 

Incedere lento. Monocorde e cupo, "La strada". Tetraggine tuttavia stemperata da un filo d'ottimismo, prima latente, infine manifesto, in un epilogo pervaso di spiritualità. Come a dire: il male non vincerà. Mai avrà la parola definitiva. I bambini sono custodi di candore e amore incondizionato verso il prossimo: è il messaggio dell'autore. Scrittore d'insaziabile fantasia, McCarthy. Creatore di universi al di fuori d'ogni immaginazione. "La strada" è un racconto fiabesco. Protagonisti: un uomo e un ragazzino, padre e figlio. Nulla si sa di loro. Neanche il nome. Ci vengono presentati in cammino, diretti verso un misterioso Sud. Lì vedranno il mare e, forse, troveranno pace e salvezza. Vivono in un mondo frantumato. I pochi superstiti si dividono in buoni e cattivi. C'è chi uccide, chi ruba, chi si dà al cannibalismo. Chi o che cosa ha provocato la tragedia? Chissà. Non esiste spazio. Né tempo. Il padre e il figlio coprono la bocca con mascherine di stracci. Forse è stato un virus a seminar morte? (accadeva anche nel film di Ferreri "Il seme dell'uomo"). Lungo la via cenere e tanfo di marcio. Pioggia e neve. Freddo e cielo grigio. Incredibilmente i due, nel loro incessante vagabondare, rimediano cibo commestibile e addirittura panna e uova. “La strada” alterna realismo (minuziose le descrizioni di oggetti e interni di abitazioni e navi) a simbolismo magico. 

"Ce la caveremo, vero, papà? 
Sì. Ce la caveremo. 
E non succederà niente di male. 
Esatto. 
Perché noi portiamo il fuoco. 
Sì. Perché noi portiamo il fuoco". 

Sono abili e coraggiosi, l'uomo e il ragazzino. Lottano con unghie e denti, armati, confinati in una bolla nera di cenere, avvolti nell'aria granulosa. A volte, le pagine sfiorano l'horror, dense di caterve di cadaveri. Il padre e il figlio tirano dritto portando dietro un carrello del supermercato, un telo di plastica, una rivoltella e, in seguito, una lanciarazzi. Polvere, abitazioni bruciate. Miseria, desolazione. Olezzo. Ma i due viandanti, sfiniti, acciaccati, muovono i piedi, fino allo sfinimento, certi di imbattersi, più in là, in uno spiraglio di luce, vero o metaforico. McCarthy ha dedicato il romanzo al figlio John. "La strada" è un'indagine sul vero senso dell'esistenza. Va letto con una buona dose d'ingenuità, abbandonando lo scetticismo del lettore scaltro e navigato. 

©micolgraziano

Commenti