Recensione: "Inganno" di Philip Roth - L'arte della finzione, e della seduzione...

 
Philip Roth


Philip Roth (1933 - 2018) è uno dei maggiori esponenti della letteratura americana del Novecento. Tra le sue opere più note si ricordano “Lamento di Portnoy” (1969), “Pastorale americana” (1997), “La macchia umana” (2000). "Inganno" è del 1990. Dal libro è stato tratto il film francese "Tromperie" (uscito nel 2021) interpretato da Léa Seydoux e Denis Podalydès. I romanzi di Roth sono pubblicati in Italia da Einaudi.

Libro breve. Si legge in fretta. Ideale, quindi, per chi ha poco tempo a disposizione. Romanzo particolare. Tutto dialoghi. Quasi fosse un copione. Un testo teatrale. Conversazioni fitte e nessuna indicazione di chi sta parlando. Ci si perde, nelle parole; nel fiume di discorsi. Ma è anche bello smarrirsi in quel vortice di ragionamenti, confessioni schiette che possono imbarazzare l’interlocutore (e il lettore, ovviamente). Il cuore del libro sono le chiacchierate di due amanti. Lui si chiama Philip, come Roth, e proprio come l’autore è uno scrittore americano ebreo di mezza età. Philip vive a Londra e ha una relazione adulterina con una trentenne inglese, sposata, madre. Un matrimonio infelice, quello della donna, che confida a Philip le tensioni che vive col marito. Anche il marito di lei ha un’amante, un’amichetta. Lei è depressa, malinconica, si sfoga bevendo. Sapendo di non esser perfetta (ma chi è perfetto...?), non vuole che lui, il marito, lasci la bambolona, perché in tal caso, lei, la moglie, si sentirebbe in colpa. 

- Tu però non vuoi che lui la lasci, vero? (...)
- Sono convinta che lei è 
davvero una parte importante 
della sua vita. 
Non sarebbe solo una follia, 
sarebbe da egoista.

Nessun tabù: Philip e la giovane fiamma trattano con sincerità ogni tema (intimità post coitum, la chiama l'autore). Discorrono dopo il sesso e gli scambi di pensiero sono privi di scudi. Tuttavia, pagina dopo pagina, s'inseriscono colloqui di altri personaggi, il filo s'ingarbuglia e diventa complesso rincorrere il senso e la trama del testo. A un certo punto compare la moglie di Philip, gelosa di quel che Philip, romanziere, scrive nel libro ed è allora che l'opera si fa riflessione sulla letteratura e sulla libertà dell'artista (in questo caso lo scrittore) di dire ciò che gli passa per la testa senza vergogna né condizionamenti esterni. Roth traccia anche un identikit: “Nel cuore della natura di uno scrittore c’è il capriccio. Curiosità, fissazioni, isolamento, veleno, feticismo, austerità, leggerezza, perplessità, infantilismo”. La discrezione, aggiunge, non è cosa da romanzieri. Né lo è la vergogna. 

"Che qualcuno mi venga 
a dire quello che 
devo scrivere 
è una cosa che 
mi fa assolutamente 
impazzire". 

Ad ogni modo, "Inganno" contiene anche riflessioni sull'amore e sui motivi che spingono a tradire: il tradimento servirebbe a idealizzare una realtà altrimenti squallida e odiosa: "Con l'amante la vita di tutti i giorni passa in secondo piano. La sindrome di Emma Bovary".

Il poeta e drammaturgo francese Jean Cocteau considerava buon libro quello che semina a piene mani tanti punti interrogativi. "Inganno", lo possiamo certamente affermare, rientra in questa definizione. Si arriva agevolmente all’ultima pagina e dopo è necessario tornare indietro. 

©micolgraziano

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