Recensione: "Kitchen" di Banana Yoshimoto - C'è sempre una via d'uscita

 

Banana Yoshimoto

"Kitchen" è il primo romanzo della scrittrice giapponese Banana Yoshimoto (Tokyo, 1964). L'edizione originale del libro risale al 1988. In Italia arrivò nel 1991 ed ebbe grande successo. Nell’edizione Feltrinelli è pubblicato insieme al racconto “Moonlight Shadow” che fu la tesi di laurea della scrittrice. (Curiosità: il racconto ha lo stesso titolo del celebre brano del musicista britannico Mike Oldfield).

“Un giorno o l’altro tutti si perderanno nelle tenebre del tempo e scompariranno”, è una frase di “Kitchen”, storia di lutto e speranza. Morta la nonna, Mikage resta sola al mondo. La ragazza scivola in una cupa tristezza. Per non crollare si aggrappa ai piaceri del cibo e alla gioia dello stare in cucina. Nella cucina, addirittura, ci dorme. Sdraiata accanto al frigorifero. La cucina, nido e rifugio. Spazio confortevole e accogliente. Luogo di protezione e felicità. Lo spiega bene nell'incipit: "Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com'è fatta: purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare". Il cibo, per Mikage, è nutrimento dell'anima, non soltanto del corpo. Il cibo e la cucina sono la via da percorrere per agguantare frammenti di serenità: “Stando in piedi al centro di una cucina tutto ricomincia da capo e qualcosa ritorna”.

Mikage tocca il fondo però la fortuna, toc toc, bussa presto alla sua porta. Provvidenziale un certo Yūichi (una sorta di angelo custode) che si prende cura di lei e l'accoglie in casa. Così Mikage diventa parte di una nuova famiglia. Yūichi è un ragazzo che vive con la madre Eriko. Eriko è un uomo diventato donna. Eriko, un tempo è stato, il padre di Yūichi. 

"Soffrirò molte volte e molte volte mi rimetterò in piedi. 
Non mi lascerò sconfiggere. Non mi lascerò andare". 
("Kitchen")

Yoshimoto con una semplicità fanciullesca, e innegabile abilità di narratrice (fin da questo esordio), mescola generi e trascina il lettore in un cosmo originale, saldamente costruito. La scrittura è equilibro di realismo e fiaba e affonda le radici nella tradizione dei manga. In Yoshimoto si ravvisa inoltre l'influenza del cinema e delle sue tecniche. In "Kitchen" si possono rintracciare echi di Almodóvar sia per il modo d'intendere la famiglia sia per gli eventi talvolta surreali che nutrono la trama. 

Il tema del lutto è presente in "Kitchen" e nel racconto "Moonlight Shadow" pubblicato in appendice al romanzo. Al centro del plot una ragazza distrutta a causa della morte del fidanzato. Un dolore mitigato però da un incontro misterioso che richiama il metafisico. 

"Kitchen", infine, è sicuramente un libro da leggere. Ideale per chi ha poco tempo. Romanzo rapido, snello, di esigua mole. Lascia una bella sensazione addosso. Viene voglia di scoprire altre opere di Banana Yoshimoto e, magari, di avvicinarsi ai fumetti manga che hanno consegnato alla memoria collettiva personaggi del calibro di Candy Candy e Pollon.

©micolgraziano

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