Short story: "Oscar" di Micol Graziano

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Santo Cielo, Oscar! Hai finito dieci bottiglie di champagne! La solitudine è una belva feroce, ma hai forse invitato degli ospiti? Che orrore non poter neanche assaggiare una tartina mentre tu banchetti in allegria. Io in campagna con la povera zia e tu qui nel baccanale. Non ci sto, mio caro, ed è colpa tua se ora mi trovo senza belletto in una nube grigia a divorar sigarette. I miei poveri capelli! Che ne sarà di loro? Lo sai che mia cugina vuole sposare il giovane Windermere? Quanta follia! Le ragazze non dovrebbero concedersi troppo seriamente ai giovani con cui civettano. Fossi lei, cambierei nome: Cecily, Salomé o che so io; inventerei un doppio. Oscar, quando mi chiederai la mano? Vuoi continuare a tirar pietre? Talvolta hai natura nobile e amo conversare con te, suonarti il piano in salotto, passeggiare tra le rose, ma non posso masticare oltre questo boccone. Sei ancora invaghito di quella? Un errore, te lo dico senza parsimonia. Ha le caviglie troppo piccole e la voce stridula. Mi raccomando, prenditi cura dei lillà, tu personalmente, non lasciarli nelle mani di chi sai. È una vecchia bisbetica, difficile da domare. Mai ho gradito la sua avarizia che emerge in quantità non modica. Sarebbe opportuno metterla alla porta. Come dovrei metterti alla porta io, se non ti decidi a comprarmi quell’anello. Nella nostra casa vedo già i colori dei pittori di Tokyo. Ripeti che a pensar si diventa brutti, ma non tu, non tu. E non darmi ragione, per carità, così crederò d’ingannarmi e…oh, quanto ti desidero!La tua Lady

©micolgraziano

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