Micro noir: "Volevo essere la sigaretta di Jean Paul" di Micol Graziano (Cap. 3)


Libri spaghetti e noci

I semi di Jean Paul 

Sono indecisa se cianciare ancora di quell’essere immondo di Jean Paul, non vorrei dargli troppa importanza, oppure dire di come ti fissa la gente quando sa che hai superato i quaranta e non sei madre. Che poi questo argomento è purtroppo anche collegato a Jean Paul: sapevo che lui si concedeva a chi cercava gravidanze. Erano donne a cui piaceva godere (sentire il pene spinger dentro) ma non desideravano impelagarsi in relazioni stabili. Ce ne sono a bizzeffe di persone così e una volta ho visto un film sui tipi da seme. Da Brenda l’avevo saputo che Jean Paul si prestava a certi servizi. Lo pagavano bei quattrini. Quando l’ho incrociato, giù al piano di sotto del bar, davanti alla porta del cesso, l’ho fissato - a volte si fanno cose stupide. Jean Paul non mi diede corda, neanche quando la sua bambolona entrò ché era il suo turno. Jean Paul non è una bellezza, somiglia però a un attore di cui ho scordato il nome. Jean Paul potrebbe fare l’attore: gli occhi piccoli e un certo modo di tenere la sigaretta. Lo immaginai leccare avido la bionda vaporosa. In Jean Paul c’è un che d’oscuro e irresistibile. Jean Paul poco prima di filare via mi sfiorò con la coda dell'occhio. Avrà pensato fossi anch’io una pupa vogliosa di seme. So che chiede cinquecento bigliettoni. Io a diventare madre non ci penso affatto. Una collega mi confessò che il marito l’aveva mollata perché lei era sterile. Un giorno il tizio sparò: ‘non mi servi più’, e girò i tacchi. Pensai a mio nonno, allevatore di bestiame, che definiva le donne cavalle e vacche. M’è capitato di ricevere sguardi torvi solo per aver detto, ‘sto bene come sto’. ‘Sarai sempre una donna di vetro', commentò una, indirizzandomi una smorfia di ribrezzo. Una femmina a metà mi definì una vicina di casa. Di questo parlerò un’altra volta. O forse no.

©micolgraziano 



Commenti