Micro noir: "Volevo essere la sigaretta di Jean Paul" di Micol Graziano (Cap. 2)

Libri spaghetti e noci

Il mio nome è Erin
Ho parlato di quell’idiota di Jean Paul e non mi sono neanche presentata. Di solito alla gente non frega un fico secco di conoscere i nomi degli altri. Capita pure a me. Appena mi danno la mano, e spiegano così e così, un istante e già me ne sono scordata; nessun senso di colpa. Finisco che non li chiamo e amen. Jean Paul ha il passo da gorilla, e l'ho detto. E ho anche detto che lui mi vede simile a un maiale. Io non mi sono mai considerata chissà chi, più alta vorrei essere, e più saporita, ma neanche lui è un adone. Il mio naso è ben modellato. Alla francese. Tutti desiderano un naso all’insù e non da aquila, seppur l’aquila sia un animale fantastico e vola che dà i brividi. Una volta ne ho viste due volteggiare aggrappate l'una all'altra. Anch'io vorrei afferrarmi a qualcosa. Non a qualcuno. Tanto meno a Jean Paul ché è un bastardo e un giorno vedrà. D'altronde avrei dovuto intuirlo che non potevamo essere una partita per il paradiso: ci siamo visti, la prima volta, in fila davanti al cesso, al bar sulla quinta strada. Abitiamo poco distanti. La sera beviamo un goccio. Io perché il mio lavoro è una fottuta galera. Lui per portarsi a letto qualche sgualdrinella frizzante. Quella notte una bionda vaporosa gli ronzava attorno. Ora devo mettere punto. Però faccio ancora in tempo a dire che il mio nome è Erin. Ma chiamatemi come vi pare.
©micolgraziano 

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