Micro noir: "Volevo essere la sigaretta di Jean Paul" di Micol Graziano (cap. 7)

amore

Ora parlo io, Jean Paul

La dico io la verità, la dico. Altro che storie. Che Erin sia fasulla lo sanno pure i gatti. Ma adesso voglio andare più a fondo. Perché ne ho le scatole piene di tutta la melma che mi scaraventa addosso.Lei parla di Gino, il marito. Che lui era una canaglia, che la trattava come una pezza e non come s'addice a una signora. Figuriamoci. Bubbole, panzane. E la ridicola balla della frutta che lui, poveretto, non lo invidio proprio ché doveva baciarsi con quella strega, non voleva sbucciarle. Io lo so com’è andata. Lei lo torturava. La verità è una: Erin era gelosa marcia. Gelosa del nipote di Gino. Gliel’ha detto in faccia: il nipote doveva smammare, Gino era troppo attaccato a lui. Ma insomma, è normale che tra zio e nipote ci sia cuore. Ma lei no. La faccenda non le andava proprio giù. Era un rospo troppo grosso da ingoiare. Le uscivano le pupille di fuori e una volta s’è messa a strillare con le vene del collo gonfie: io vi strozzo a tutti e due. Stava per strada e l'hanno sentita fino a Dio solo sa dove. Erin non ha mai avuto figli ed era invidiosa delle madri, pure se lei nega. Ma come, tutte le femmine, c'hanno il pallino della gravidanza. Ce l’aveva pure lei, non lo ammette, dannato orgoglio. Era un chiodo fisso, da quel che mi è arrivato alle orecchie. E infatti l’analisi, la psicologa, le pillole, e compagnia bella. E allora a vedere il marito sempre incollato al nipote dava di matto. Ne inventava di favole per allontanarlo dal ragazzino. Matta da rinchiudere. Ha fatto bene Gino a mandarla a quel paese. Ma dove si è mai visto che una è gelosa del nipote del marito? Gino soffriva parecchio. Era diventato impossibile anche frequentare il fratello perché quando si riunivano, per carità, il finimondo. Lei trovava sempre un modo per accendere fuochi. Erin è un mostro.
©micolgraziano 

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