Micro noir: "Volevo essere la sigaretta di Jean Paul" di Micol Graziano (cap. 6)

discoteca


Erin e l’abisso del sabato sera

Detesto il sabato. Il sabato è il giorno di baldoria e baccanali. Io felice non lo sono affatto. Odio l'estate con ogni fibra del mio essere. Io di sabato sprofondo in un labirinto tetro. Non ne ho paura di finirci dentro, non tremo ché è scuro da non vederci, non cerco un filo di lana per trovare l'uscita. No, io lì mi ci voglio perdere. Quel giorno alla fermata dell’autobus, con Jean Paul che mi diceva che ero così e così, doveva essere appunto un sabato. Sì, sabato. Credo che il sabato non mi porti bene. Non che negli altri giorni io brilli di fortuna ma di sabato m’avvolge una malinconia indicibile. Soffoco in una coltre opaca costante e odiosa e l’aria si fa grigia e metallica. Sabato scorso ho premuto entrambe le mani alle tempie. Ero di fuoco. Ho gridato: un urlo sordo, soffocato. La fronte l'ho sentita stringersi, diventarmi piccola, di gomma, sotto le dita rigide che piegavano la pelle e le ossa. Se mi chiedono che fai sabato resto di pietra. Non so se gli altri abbiano impegni. Gli altri, ovvero: chi se ne esce con una domanda tanto logorante e velenosa e stupida. Eppure al contempo non posso svelare la verità. Non posso dire che di sabato me ne starò sigillata a scolarmi bottiglie, a pregare come una pazza, a graffiarmi la faccia con la statua di un santo. Mi scortico a sangue. Non posso dire questo a chi mi chiede che fai sabato. Non posso dire che a volte ho gli occhi di marmo. Nessuno deve saperlo. Non posso dire che spero di sparire presto; e per sempre. Dopotutto, chi se ne accorgerebbe? Jean Paul?

©micolgraziano

Commenti