"La vegetariana", assolutamente indimenticabile, questo romanzo della scrittrice sudcoreana Han Kang (classe '70). Una storia potente e disturbante che toglie il sonno. Estrema, contiene la forza sublime dei racconti dell'estremo Oriente.
Yeong-hye vuol essere albero. E allora prova a stare ore e ore a testa in giù, in verticale, il viso paonazzo, e le membra sfinite, per assimilarsi alle radici e alla corteccia di quegli arbusti che si nutrono di sola acqua e vivono felici, conficcati nella terra; immobili, afoni. Yeong-hye si osserva vivere. Yeong-hye si consuma lentamente. Viene inghiottita ma lei sputa via, anche il sangue. In alcune delle pagine più cruente del libro arriva a tagliarsi la pelle con un coltello perché il padre, uomo dai modi spicci e dalle mani lunghe, cerca di infilarle un pezzo di carne in bocca, con violenza; inferocito. Ma lei preferisce che il liquido rosso scorra su se stessa piuttosto che mandare giù ciò che la ripugna. Si annienta lentamente. Il suo corpo a poco a poco si assottiglia. Le ossa appuntite. Rigida, su un letto di un ospedale psichiatrico. Ho fatto un sogno, dice Yeong-hye, il giorno che decide di trasformarsi per sempre. Questo sogno ha i tratti dell'incubo. Una sofferenza che la porta ad annientarsi, ma in cui lei è lieta di trovarsi. Ci nuota dentro.
"La vegetariana" è un romanzo disturbante che però fa trasparire tutta la grandezza di Han Kang, narratrice di talento, capace di sconvolgere il lettore con immagini vive e vigorose.
©micolgraziano
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