"Il potere del cane", recensione del romanzo di Thomas Savage


Il potere del cane



Correva l'anno 1967 quando negli Stati Uniti veniva pubblicato questo magnifico libro dell'americano Thomas Savage (1915 - 2003). Ebbe successo all'epoca, fu accolto bene dalla critica, e si può senz'altro considerare uno dei migliori romanzi di Savage


UN ROMANZO MEMORABILE
"Il potere del cane" è anche un libro molto amato da Jane Campion che ne ha tratto il film omonimo (Leone d'argento per la regia al Festival di Venezia 2021).

Il romanzo appartiene al filone della letteratura western, cruda e spietata. Savage ci racconta una storia potente, tragica e memorabile. Una scrittura vigorosa, semplice ma efficace, capace di entrare nelle viscere: tagliente, precisa. Un realismo che non fa sconti e non risparmia descrizioni cruente che potrebbero disgustare lettori non avvezzi a immagini disturbanti. Ecco, per esempio, l'incipit dell'opera:

Era sempre Phil a occuparsi della castrazione: prima tagliava via la sacca dello scroto e la buttava da parte; poi strizzava fuori uno dopo l'altro i testicoli, incideva la guaina che li racchiudeva, li strappava e li gettava nel fuoco, dove erano pronti i ferri incandescenti per la marchiatura. Sorprendentemente, il sangue sparso era poco. Dopo qualche istante i testicoli scoppiavano come enormi popcorn. Certi uomini, si diceva, se li mangiavano conditi con sale e pepe: "Ostriche di montagna" li chiamava Phil con un sorriso d'intesa (...). 

DUE FRATELLI E UNA TORBIDA GELOSIA
Phil è il personaggio principale, uomo complesso, ombroso, cattivo e fragile al contempo. Colto eppure abituato a vivere alla stregua di un selvaggio, le mani solcate da cicatrici (e saranno la sua condanna), sporche di sangue; i capelli arruffati, l'odore stagnante: non si lava quasi mai, Phil, e il fratello si vergogna d'invitarlo a tavola in presenza di ospiti importanti. Phil si fa il bagno raramente e sempre in un corso d'acqua, lontano da occhi indiscreti, un luogo carico di memorie inconfessabili, un posto segreto, dove Phil si lascia andare alla parte più vera (e inconfessabile) di sé. 

Phil è proprietario di un ranch insieme al fratello George, mite e insicuro. Conosce ogni angolo della sua terra, Phil, è un cowboy ruvido, "alto e spigoloso", che cavalca come nessun altro, che suona il banjo e intreccia sapientemente corde fatte di pelli d'animale, un'arte che, a un certo punto, lo inghiottirà in un tetro abisso.

George e Phil differenti; il giorno e la notte. George calmo e bonario, "corpulento e imperturbabile". Phil acuto e brutale, occhi azzurri che scrutano. Di poche parole, Phil, ma quando apre bocca ferisce, belva infuriata. I suoi silenzi, l'indifferenza ostentata, porteranno alla disperazione la donna che George a un certo punto decide di sposare, la delicata Rose, vedova, e madre di un figlio adolescente: Peter.

Rose gestiva una locanda, prima di accettare la proposta di matrimonio di George. Phil non la sopporta, la detesta, per lui è solo un'arrivista. I due fratelli sono ricchi, parecchio influenti nella zona. Phil considera Rose di rango inferiore, la disprezza dal profondo del cuore e vorrebbe che sparisse, insieme a Peter, un giovanotto che tutti prendono in giro perché si diletta con fiori ornamentali di carta. Peter, però, all'apparenza fragile, è anche uno che non esita a squartare animali per analizzarne le viscere. Peter è uno studente di medicina

Savage è abile nel descrivere gli anfratti più bui dell'animo umano e lo fa tramite il discorso indiretto libero e una buona dose di corrosiva ironia. I rapporti tesissimi tra Phil, Rose e Peter sono analizzati in maniera chirurgica, impeccabile, da Savage che consegna alla letteratura una storia sconvolgente, che lascia di ghiaccio. 

Quanto al titolo: "Il potere del cane" è una citazione biblica, si riferisce a un versetto del Salmo 21: "Libera l'anima mia dalla spada e il mio amore dal potere del cane". 

E il cane, in questa torbida vicenda, narrata da Savage, è appunto Phil. 

©micolgraziano

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