"IL POSTO", UNA SCRITTURA DI GHIACCIO
“Ho finito di riportare alla luce l’eredità che, quando sono entrata nel mondo borghese e colto, avevo dovuto posare sulla soglia”. Queste parole tratte da “Il posto” (1983) sono l'essenza del romanzo di Annie Ernaux, una delle maggiori scrittrici francesi contemporanee. Un centinaio di pagine, una scrittura asciutta, scarna. Senza fronzoli, né ironia. Razionale. Razionale come certa recitazione-non recitazione di alcuni film francesi in cui gli attori non lasciano trasparire le emozioni; di pietra, distanti. Eppure quella freddezza sa essere molto eloquente e ci parla di una sofferenza profonda.
Ernaux racconta in modo chirurgico e a volte lascia di stucco per la crudezza e la sincerità. È un libro malinconico.
"IL POSTO", CONFESSIONE E SENSO DI COLPA
Ernaux racconta della sua famiglia, dei genitori e del padre, così diverso da lei che non ha provato le fatiche estenuanti del lavoro nei campi. L'ambiente in cui è vissuto il padre lo chiama Medioevo. Lui ripeteva alla figlia: per vivere non ho bisogno né dei libri né della musica.
Dalla scrittura emerge un senso di colpa. Indicativa l'epigrafe scelta in apertura dell'opera, una citazione del drammaturgo Jean Genet: "Azzardo una spiegazione: scrivere è l'ultima risorsa quando abbiamo tradito". Ernaux sente di aver tradito le sue radici e per questo scrive, per riportare alla memoria un passato che forse avrebbe voluto dimenticare per sempre.
"IL POSTO", I LIBRI E IL MONDO BORGHESE
Disegno emblematico, quello scelto dalla casa editrice "L'Orma" per l’edizione italiana del libro: un uomo col berretto che spinge una carriola e una ragazzina immersa nella lettura. Il lavoro, ricorda la Ernaux, per i suoi genitori, era solo quello che si faceva con le mani. Il padre è stato prima contadino poi operaio e infine titolare di un bar alimentari in una città della provincia normanna.
“Il posto” si lascia divorare in fretta. Se avete poco tempo e desiderate leggere qualcosa di memorabile, non potete perderlo.
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