"Eleanor Oliphant sta benissimo", recensione del romanzo di Gail Honeyman






ELEANOR OLIPHANT, STORIA POTENTE
Ci sono libri che restano attaccati alla pelle. Dopo averli letti, avverti un vuoto, una mancanza profonda. Quasi fosse partito per sempre un amico speciale: l’amico del cuore. E così, all’ultima pagina, ti chiedi: “E ora?”, "Chi mi resterà accanto?", "Chi si confiderà con me?". “Eleanor Oliphant sta benissimo”, libro d’esordio della scozzese Gail Honeyman (classe ’72), bestseller che ha ricevuto il plauso della critica (tanti i premi vinti), è un romanzo che allieta il cuore. La storia, carica di umanità, è  drammatica eppure vibrante di gioia (merito di una scrittura rapida, fresca, ironica all'occorrenza). Un racconto carico di umanità. In esso vi è leggerezza intelligente, levità che spazza via l'abisso ineluttabile di giorni tetri. La protagonista, Eleanor, appunto, malgrado le sventure, emerge dalle sabbie mobili di un'esistenza grigia e sconvolgente: di solitudine di pietra, isolamento cristallizzato che genera mostri. 

Trent’anni, Eleanor, vive a Glasgow, è una ragazza diligente, precisa, meticolosa, forbita, lettrice accanita di classici: da Seneca alle sorelle Brontë, da Thomas Hardy a Jane Austen. Libri che lei vuole rigorosamente nuovi di zecca, la infastidisce il pensiero di volumi "passati fra tante mani sporche" (e non frequenta le biblioteche), lei cerca libri "con un unico proprietario attento". È una delle idiosincrasie della fragile Eleanor che sì talvolta può risultare insopportabile, tuttavia Eleanor ha il cuore che batte all'impazzata, e versa fiumi di lacrime, se qualcuno la sfiora per un tenero saluto affettuoso. Eleanor impone a se stessa la fermezza di una roccia eppure è friabile come un biscotto.

ELEANOR, LE ILLUSIONI, LA RINASCITA
Sulle spalle di Eleanor poggia un passato tragico. Una voragine l’ha divorata. Segnata dal fuoco. Le restano cicatrici inchiodate all'anima, visibili sul volto. Eleanor è sola. Le fa compagnia una pianta (come il Léon del noto film di Luc Besson). Eleanor se ne sta in silenzio per giorni, quando non va in ufficio. Non vede nessuno. Non ha amici sorridenti che le bussano alla porta. S’innamora di un tizio che neppure conosce e su di lui fantastica, ricama meraviglie, malgrado quest’uomo (un musicista rock) non sappia neanche che Eleanor esista. Ma il pensiero di un amore impalpabile la tiene aggrappata, zucchero filato, a un misterioso soffio vitale. Una lieta, invisibile, presenza, che si manifesta squarcio di luce nel grigio di serate declinate in cruciverba, Vodka, radiodrammi. Eleanor viaggia con la fantasia, vorrebbe trovarsi dove non è, e non si accorge (per un bel pezzo, almeno) dell'affetto che riceve, da parte di chi incontra lungo il cammino di una grigia routine. Eleanor ricostruisce se stessa, a piccoli passi; e raccogliendo le sue cose, si avvia verso un futuro, che  appunto, la porta a dire sto benissimo

©micolgraziano 


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