Libere riflessioni dopo la lettura de "Il consiglio d'Egitto", romanzo di Sciascia

Leonardo Sciascia



Leonardo Sciascia: Maestro da applaudire

(Libere riflessioni dopo Il Consiglio d'Egitto)


Gesualdo Bufalino definì scrittore "secco" il suo amico e scopritore Leonardo Sciascia; lui, invece, Dino, si diceva "umido". Umido, sappiamo, per la preziosità e l'eleganza della sua prosa: aurea, classica, barocca e di fine sapore dannunziano. Il secco Leonardo invece preferiva le parole affilate, quelle taglienti e precise come "colpi di spada", amava le parole lucide e brillanti, le parole cristalline, le parole attente ed intelligenti come il suo sguardo: sempre vivace, sempre penetrante, sempre curioso: mai "stracco", mai sazio di ricercare, di scrutare, di fiutare la verità nascosta nei garbugli manzoniani della storia. Le parole di Libere sono pietre ben levigate e polite. Leonardo, Maestro. Decisamente. Maestro per la sua voglia ardente di far parlare nuove voci di scrittori - quali Gesualdo Bufalino, Vincenzo Consolo, Giuseppe Bonaviri -, per l'impegno che dimostrò nel riportare alla luce le pagine dimenticate di Maria Messina, di Giuseppe Antonio Borgese sotterrate com'erano nel tunnel della Non-memoria. Quando leggiamo Sciascia non siamo semplicemente lettori: siamo anche, e ancor di più, spettatori. I suoi libri sì li leggiamo così: in silenzio, con gli occhi sbarrati e le labbra schiuse (è come guardare un film di Ingmar Bergman...) evitando di perdere sguardi e cenni che, seppur minimi, diventano porte d'accesso al racconto. In ogni suo verbo è racchiuso un universo compiuto e perfetto. Infine, la penna di Sciascia è un cauto pennello che si muove adagio, con grazia, attento alle macchie di colore e carezzevole nei contorni, quasi guidato dalla mano di Alberto Savinio - che tanto amava - o di Fabrizio Clerici. Indimenticabile resta l'attacco de "Il Consiglio d'Egitto" fitto di scorci, chiaroscuri, dissolvenze e in cui i personaggi diventano attori diretti magistralmente dalla penna alessandrina di un regista che applaudiremo ora e ancora.

©micolgraziano 

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